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Sardegna

I significati della parola "crescere". Il ruolo dello sport

Loredana Barra, Uisp, è stata audita dalla Commissione infanzia/adolescenza della Camera a nome del Gruppo Crc-Convenzione diritti sui Minori.

 

L'audizione è parte integrante dell'indagine conoscitiva della Commissione infanzia e adolescenza della Camera dei Deputati, presieduta dall'on. Brambilla, sul degrado materiale, morale e culturale nella condizione dei minori, con focus sulla diffusione di alcool, nuove droghe, aggressività e violenza.

"Per i giovani e le giovani - ha detto nel suo intervento Loredana Barra, responsabile Uisp per le Politiche educative e inclusione, di fronte alla Commissione parlamentare - la parola crescere è una parola ricca di significati e cambiamenti: a livello psicofisico, nello sviluppo propria personalità, nell’apprendimento, nelle reti sociali e nelle  amicizie. Crescere è in realtà un processo di cambiamenti che iniziano sin dai primi anni di vita e attraversano varie fasi sino ad arrivare all’’adolescenza,  quando si concretizza il passaggio dall’infanzia all’età adulta. Tali passaggi non sono esenti  da criticità che naturalmente accompagnano la crescita dei nostri giovani, ma è proprio attraverso questi passaggi critici che assumono consapevolezza di sé e del loro ruolo nel mondo.

A volte succede che, per varie ragioni, questa forma naturale di disagio sfocia in comportamenti che sono definiti i devianti e  che sono più frequenti  nei ragazzi e nelle ragazze che vivono in territori difficili e in famiglie segnate da forte disagio socio economico. E la povertà educativa in cui questi comportamenti si alimentano è diventata un emergenza strutturale che si è nutrita con la pandemia, e se è vero che le problematiche di giovani  hanno le stesse caratteristiche in tutto il territorio nazionale è anche vero che quello che cambia sono le risposte dei singoli territori, con conseguenze abbastanza serie nelle possibilità per alcuni bambini e bambine di disegnare il proprio futuro; perchè  i diritti a volte dipendono in larga misura dalla regione di residenza.

Dopo l’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 i bambini/e e adolescenti ci hanno manifestato il loro  malessere emotivo e psicologico in forme e intensità tra loro molto diverse: ansia, depressione, aggressività, dipendenza digitale disturbi della condotta, della regolazione emotiva, disturbi del comportamento alimentare e del sonno, fino agli attacchi al proprio corpo (ideazione suicidaria e atti di autolesionismo). Forme complesse da analizzare proprio per via del periodo particolare in cui questi allert si sono manifestati.

In una situazione come questa da più voci arriva la certezza che  lo sport può generare cambiamento. Fa bene al corpo e alla mente non solo nella prevenzione di alcune patologie ma perché rappresenta un valido strumento per combattere le disuguaglianze sociali, perché aiuta la socializzazione e migliora l’empowerment personale e la vita di chi lo pratica. Lo sport e il movimento si pongono come strumenti preventivi rispetto alle dipendenze patologiche di bambini/e e ragazzi/e. Lo sport parla ai giovani e che unisce le diversità; sostiene e sviluppa le competenze per la vita e riveste un’importanza fondamentale nell’ambito dell'apprendimento informale; incoraggia la partecipazione giovanile e di fatto promuove la coesione sociale.

Lo sport rappresenta la terza agenzia educativa dopo le famiglia e la scuola e la pratica sportiva da parte dei minorenni è tra le materie, individuate dal Comitato tecnico-scientifico con funzioni istruttorie, riferibili a livelli essenziali delle prestazioni (LEP) che  devono essere garantiti in modo uniforme sull’intero territorio nazionale".

"E' molto importante che l'attività sportiva sia entrata nella nostra Costituzione, all'articolo 33 nel quale è sancito che la Repubblica riconosce il "valore educativo sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme". A questo fondamentale riconoscimento, si aggiunge il parere del Comitato economico e sociale europeo (CESE) che ha sollecitato l’Unione Europea a rendere più visibili i valori sociali dello sport, garantendo loro piena dignità al pari delle altre politiche europee. In particolare il CESE suggerisce di includere il tasso di deprivazione sportiva nell’elenco degli indici di Eurostat, per misurare la deprivazione materiale.

Praticare o non praticare sport può segnare la vita di un bambino o di una bambina, eppure nonostante il suoi vari  riconoscimenti istituzionali in Italia 1 bambino su 5 nell’età compresa fra i 6 e i 10 anni non pratica sport e nel 30% dei casi le ragioni sono di tipo economico; Per molte famiglie l’attività fisica dei propri figli rischia di essere un lusso e l’attività svolta in orario scolastico rappresenta una di queste rare occasioni, sempre che la scuola frequentata sia dotata di palestra (nel Mezzogiorno solo 4 edifici scolastici su 10 infatti ne sono dotati, secondo la recente Ricerca Svimez-Uisp).

Attenzione allo sport, ma già dopo la scuola primaria i bambini italiani cominciano ad allontanarsi dalla pratica sportiva continuativa e se finora l’età spartiacque dell’abbandono sportivo era quella tra i 14 e i 15 anni, nell’ultimo anno si è osservato che il trend negativo comincia già a 11 anni. Una delle motivazioni individuate è l’alta competitività che già in età giovanile si vive in alcuni contesti sportivi, che può generare livelli insopportabili di stress.

Allora è necessario un  cambiamento concreto e reale che parta proprio dall'importante riconoscimento che arriva dall'articolo 33 della Costituzione. Un cambiamento culturale sul ruolo del movimento e dello sport in ambito educativo e di ben-essere. Quando parliamo di sportpertutti parliamo uno sport che non cerca la performance assoluta ma personale, che non scrive progetti sulla base del pensiero-adulto ma si concentra sulla persona basandosi su fondamenti valoriali e cardini progettuali ad ampio spettro. Lo sport deve essere guidato da un approccio integrato e multidisciplinare, che metta in relazione il processo cognitivo con il linguaggio del corpo, promuova sinergie tra le diverse aree di conoscenza e valorizzi il valore interdisciplinare proprio delle discipline motorie.

Lo sport non va inteso come un semplice esercizio di restrizione del corpo, selezione, addestramento e specializzazione precoce. Lo sport non è per tutti se le sue regole diventano più importanti della motivazione al movimento creando insoddisfazione, disistima, paura, senso di inefficacia che portano appunto all’abbandono precoce della pratica sportiva.  

Lo sport non può prendersi cura dei giovani solo nel momento in cui c’è da “tirar fuori” un campione, e non si prende cura di quei giovani che nello sport non troveranno certo le medaglie, ma qualcosa di molto più importante: il loro riscatto sociale. Il potere dello sport inclusivo e per tutti è quello di fortificare i nostri giovani e le nostre giovani con la cultura dell’ impegno e non con la cultura del risultato. Per orientarli a vivere in maniera equilibrata il rapporto con lo sport, non necessariamente orientato all’alta prestazione, ma col fine primario del divertimento e del benessere psicofisico, così come è riconosciuto in Costituzione. 

E anche se non esistono soluzioni semplici a problemi complessi il mondo dello sport è “chiamato alle armi”, e deve combattere con forza lo status quo attraverso interventi significativi, strutturati, plurali, che pongano lo sport in primo piano e lo usino come grimaldello del cambiamento". 

 

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